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Se un giorno un pellegrino

Un tratto della via Francigena da Parma e Lucca,
insieme a un pellegrino d'eccezione: lo scrittore Enrico Brizzi

testo e foto di Andrea Samaritani

pubblicato su I Viaggi di Repubblica, il 7 giugno 2007

"Nel medioevo il pellegrino lo riconoscevi dalla zucca, usata come borraccia. Quelli di Santiago avevano anche la conchiglia, quelli di Roma avevano le chiavi per le sette chiese e quelli di Gerusalemme la palma. I pellegrini del duemila invece hanno vestiti colorati, non si sprecano le marche in bella evidenza, scarpe comode e ipertecnologiche. Zaino, berretti di tela antipioggia, l'immancabile k-way. L'antico bastone è diventato la racchetta da trekking, telescopico e leggerissimo". Giovanni, ha la barba e la stazza da camminatore, una passione sfrenata per i templari. "Mi chiamo come quel Giovanni Fontana, precettore templare della Chiesa", ci racconta e continua "che nel 1304 fu bastonato e cacciato dalla mansio templare di Cabriolo di Fidenza, dopo anni di onorato servizio d'accoglienza ai pellegrini medievali". Giovanni è un'esperta guida di percorsi medievali. "Quella di Cabriolo, nel comune di Fidenza, è stata l'ultima magione templare, l'antesignana dei moderni ostelli, bed & breakfast e agriturismi" afferma ancora Giovanni "La mission dei Templari era anche quella di ospitare gratuitamente i pellegrini, che arrivando nei borghi cinti da mura alla sera trovavano le porte delle città chiuse, così venivano ospitati nei conventi fuori mura". Dopo i templari hanno fatto da locandieri ai pellegrini gli ospitalieri di San Giovanni fino all'epoca napoleonica.
Da quando la Provincia di Parma ha deciso di rivitalizzare la Via Francigena nel tratto che va da Fidenza a Lucca, coinvolgendo anche le altre tre province di Massa-Carrara, La Spezia e Lucca, il primo lavoro da fare era quello di percorrere fisicamente la via, per mapparla. Giovanni e Tiziana di Parma Turismi sono partiti, passo dopo passo, l'hanno percorsa tutta, e così per venti giorni si sono catapultati in un'altra epoca storica, indietro di qualche secolo. "Un'esperienza che dovrebbero fare tutti" ci racconta entusiasta Tiziana, che testarda ha voluto verificare metro per metro la strada come fosse il cortile di casa sua "ho scoperto delle cose che non sapevo. La Francigena, ad esempio, ha creato delle situazioni urbanistiche che ancora oggi si possono ammirare: come i borghi-strada. Cassio e Castellonchio, sono due dei tanti borghi costruiti sulla strada. Nel percorso ce ne sono una decina: sono gli autogrill di oggi! Camminando abbiamo scoperto che a volte ci sono due soluzioni per affrontare una situazione. Quella per i pellegrini pavidi e quella per quelli impavidi, secondo le definizioni coniate da Monica d'Atti e Franco Cinti -Guida alla via Francigena, Terre di mezzo editore, 2006-. E' un modo per aggiungere un po' di avventura al viaggio. C'è un torrente da guadare a piedi? Il pellegrino impavido si toglie le scarpe e mette i piedi nell'acqua e attraversa, quello pavido risale il fiume fino al primo ponte. A volte c'è da scegliere tra una banale strada asfaltata o il mistero di un fitto bosco. Poi le maestà. Sono tante e bellissime, disseminate lungo la via, cippi votivi con madonne e santi, quasi tutti in marmo di Carrara, la maggior parte del sette-ottocento, ne abbiamo contate più di una cinquantina". Lasciamo Giovanni e Tiziana entusiasti di questo lavoro svolto sul campo, fuori dall'ufficio, che in compagnia di Fabio e Letizia sono seduti sotto il santuario di Nostra Signora della Guardia del passo della Cisa, dopo aver comprato dei panini nella bottega di Lisetta Spagnoli, il bar, ristorante e negozio di alimentari più famoso di tutto l'appennino, quello che quando entri vedi una cesta con la scritta: "Fazzoletti per pulire i caschi dei motociclisti", dove c'è un bancone pieno zeppo di torte fatte in casa: di mele, mirtilli, mandorle, limone, e altre torte salate.
L'estate scorsa sullo stesso passo della Cisa era passato lo scrittore Enrico Brizzi, che in compagnia di alcuni suoi amici bolognesi l'aveva invece fatta tutta la via Francigena: da Canterbury a Roma, a piedi da nord a sud, raccontata per il settimanale L'espresso. Dal suo viaggio Brizzi ha tratto il romanzo -Il pellegrino dalle braccia d'inchiostro. Mondadori, 2007- uscito in queste settimane in libreria.
Nelle pagine introduttive del libro c'è scritto che il romanzo è un' opera di fantasia. "In realtà posso dire di aver avuto un grande aiuto da alcune situazioni che sono capitate veramente durante il nostro viaggio" ci svela Brizzi, seduto su una panchina del santuario di San Luca, sui colli bolognesi, vicino alla sua casa natìa. Già da piccolo, saliva a piedi lungo i ripidi portici del santuario, in cerca di avventure, a conferma che lo scrittore è un camminatore da tempi non sospetti, e la sua è una attitudine ereditaria, trasmessa dalla mamma. "Bern, il protagonista, l'abbiamo incontrato durante il tratto tra Losanna e Aosta, è stato lui l'ispiratore della storia intrecciata con Alice, la ragazza del gruppo scout scomparsa o fuggita dai suoi amici". La storia è anche un pretesto per raccontare un tratto di via Francigena, ma anche "un modo di vedere e caricare di significati letterari il viaggio. Il cammino è stata la vera gestazione del romanzo, una pre-scrittura mentale. Alla sera più raccontavo la storia di Bern e più il suo personaggio veniva fuori. Quando sono tornato a casa il romanzo era già scritto. Nella mia testa, avevo già chiara la scansione dei capitoli. Dovevo solo metterlo al computer".
Enrico Brizzi sarà uno degli ospiti di "PassoParola. Primo Festival del Cammino" in programma al Passo della Cisa dal 15 al 17 giugno, dove si ragionerà su "Pensieri Viandanti - Antropologia ed Estetica del Camminare" sugli aspetti antropologici, esistenziali ed estetici del camminare e quindi di ripercorrere storicamente alcuni momenti in cui la promenade è stata centro della filosofia, della letteratura e dell'arte, in compagnia di David Le Breton, Annibale Salsa, Francesco Careri, Rita Messori, Vanja Strukelj e Francesco Tomatis.
Il viaggio a piedi è un contenitore di storie, di personaggi che si incontrano lungo il cammino.  
"Le storie dei pellegrini che ti hanno preceduto le chiedi agli abitanti del luogo?" domandiamo a Brizzi: "Prima gli chiedo dell'acqua! Solo se tornano con il bicchiere pieno inizia il dialogo. Oggi le pievi romaniche disseminate lungo la Francigena sono governate da contadini, o da anziani del paese, che vedono passare la storia sotto casa. Sono loro i testimoni di quel teatro di gente che cammina o che fa finta di camminare, come quegli strani tizi, forse dei fantasmi che raggiungevano le tappe in taxi, o quell'altro che incontravamo solo la sera negli ostelli sempre con il trolley, la camicia bianca e il gel nei capelli".
"Viaggiare verso Roma è un itinerario che segue le tracce della fede, ma anche la storia d'Europa. Un intreccio di storie che attraversano i secoli sulla strada lastricata da popolazioni e civiltà.
Il Passo del San Bernardo prima e il Passo della Cisa poi, sono gli snodi reali di tutti gli itinerari" continua Brizzi, con la sicurezza di chi le cose che dice le sente nelle gambe, e continua "la via Francigena era l'unico sentiero sicuro per un popolo, per essere protetti dagli attacchi dei briganti. Ancora mi capita di sentire il brivido della spedizione quando arrivando nei borghi vedo quelle che oggi chiameremmo pubblicità:  le lunette delle antiche pievi, scolpite su pietra, con dei moniti precisi e inquietanti fatti di anime perse, di diavoli, del giudizio universale, come a dire, questa strada è pericolosa da un momento all'altro puoi essere ammazzato: sei a posto con Dio? Hai dei peccati di cui pentirti? La lastra dei dannati che subiscono le pene dell'inferno, visibile sulla facciata della Pieve del IX secolo dedicata a Santa Maria Assunta a Fornovo, ad esempio, è minacciosamente vicina alla statua del pellegrino che presidia il portale. Da Fornovo, si snoda un percorso, che intreccia tenebrosi gioielli dell'arte romanica disseminati lungo la strada maestra dei Longobardi, capace di collegare la pianura del Po al porto di Luni. Poco più avanti la Chiesa di Bardone che svetta da quindici secoli sul crinale fra la vallata del Taro e i lembi ancora fitti di bosco dell'alta Val Baganza. In questo tratto la via Francigena è scandita da segnavia in forma di pietre miliari, decorati con una formella in terracotta raffigurante un pellegrino, che raddoppiano la tradizionale segnaletica escursionistica. Ce ne sono ogni poche centinaia di passi, accompagnano il viandante fra strade provinciali solcate solo da trattori, strade bianche e più impegnative mulattiere". Seguiamo il racconto di Brizzi verso il Golfo dei Poeti. "Dopo l'appennino parmense, si entra in Lunigiana, terra di mezzo, fantastica, mi ha colpito per la sua natura di crocevia, come dialetto, come architettura. Pontremoli è il -capoluogo onorario-, mi ricorda la tipologia di città-mappa ideale, così bene descritta da Italo Calvino. Pontremoli, che prende il nome da un malsicuro Pons Tremulus, è stretta fra due bracci d'acqua, è solcata nel senso della lunghezza dall'antica strada maestra, aperta come una ferita scura fra i tetti. In alto, inespugnabile, il castello del Piagnaro. Invalicabile. Oggi c'è un ostello e il suggestivo museo delle statue stele". Pontremoli è la città che ospita il premio letterario Bancarella, giunto alla 55° edizione, in programma a metà luglio.
Si prosegue per Aulla, per visitare il nuovissimo museo della abbazia di San Caprasio, dove si possono vedere le varie ricostruzioni degli abiti e degli oggetti dei pellegrini.
Sarzana con la sua fortezza del xv sec. è l'ultima tappa che si frappone al mare. "Avevamo un unico desiderio: piombare sulla spiaggia di Marina di Massa per mettere a bagno i piedi stanchi. Siamo stati un giorno intero a mollo nell'acqua salata del mare, il miglior toccasana per il corpo del pellegrino", sospira ancora al ricordo Brizzi.
"A Bologna non si perde neanche un bambino cantava il mio concittadino Lucio Dalla. Mentre a Lucca si può perdere anche un adulto" ironizza Brizzi, "Lucca è una città labirinto, di pietra reale ma con una visione mistica precisa. Era una potenza che nel medioevo è arrivata al suo apogeo. Una magnificenza che ancora oggi puoi ammirare. Cammini per le strade di Lucca, ti sembra di perderti, come in un labirinto, invece appena giri l'angolo ti trovi davanti ad una meraviglia. Lucca è un gomitolo di strade.  La sintesi grafica della città la trovi nel labirinto scolpito nel mezzo pilastro del campanile del Duomo, forse opera dei Maestri Comacini, e a lungo indagato da storici dell'arte e occultisti. -Questo è il labirinto di Creta fatto costruire da Dedalo da cui mai nessuno uscì salvo-, recita l'incipit dell'iscrizione. Il labirinto è uno dei simboli ricorrenti lungo la strada per Roma: simbolo della umana difficoltà nel trovare la strada della salvezza".


Andrea Samaritani, maggio 2007